Reduce dal web-project agostano “Come creare un’opera d’arte inutile” e in procinto di iniziare una nuova “operazione artistica ” rigorosamente top secret, l’artista e giornalista napoletano Roberto Casconeracconta ad AII scena e retroscena di alcune azioni ludico-creative che dagli anni Novanta fino ad oggi lo hanno visto protagonista, accanto a personaggi come Maurizio Cattelan, Paolo Rossi, Piero Chiambretti, per fare qualche nome, dalle performances di Mistika Zero e delCattelan Funs Club, al tuffo nella psiche diArtherapy e alla poesia digitale delle sue Life forms. circa 25.000 immagini “pensate per il tessile e la ceramica, ispirate all’idea di forma e di vita, in particolare microscopica (virus e batteri)”.
Il tuo percorso artistico, ricco di esperienze eterogenee, sembra essersi svolto coerentemente all’insegna della “scienza delle soluzioni immaginarie”, la famosa Patafisica di Alfred Jarry. (se è vero) Come sei giunto a questo esito?
Credo che l’arte, per come la intendiamo oggi in Occidente, sia davvero una soluzione…immaginaria che gli artisti adottano come pratica che va oltre l’arte stessa, diventa questione di vita. Infatti se l’arte aiuta a vivere la vita “normale” , funziona ancora meglio negli stati di sofferenza psichica (certo dovremmo metterci d’accordo su cosa intendiamo per arte e per normalità).
Nella mia esperienza la pratica artistica ha sempre avuto funzioni lenitive, tant’è che fin bambino quando sono agitato se disegno mi tranquillizzo.
Disegnare e dipingere, inoltre, fin da allora è stato un modo per ottenere gratificazioni affettive, soprattutto da mio padre; in seguito per “maravigliare” e sedurre il pubblico. La pratica artistica, però, non è solo questo, anche se la molla può essere data dal bisogno di sublimare, riempire vuoti affettivi, ecc. In ogni caso alla fine quel che conta è il ruolo dell’artista, il suo agire comunicativo, per dirla con Habermas, che mette in atto una terapia dell‘essere che è anche collettiva e ha una forza “politica”. Ma così si crea un paradosso, perché il disturbo mentale (o sociale, o comunque esistenziale) che sta alla base del processo, alimenta ma può anche anche consumare quell’energia creativa che ha generato.
Nel mio caso sono nato nella tipica “famiglia schizofrenica” di Laing (l’anello debole del gruppo, mio fratello minore Massimo soffre di una psicosi maniaco depressiva psichiatrizzata), e pago ancora oggi tensioni che minano il mio equilibrio relazionale, quindi la vita sociale e il lavoro. Al punto che ho tentato di ribaltare il negativo in positivo, mettendo anche la famiglia al centro della mia poetica, e, prendendo spunto dalla realtà quotidiana, ho creato diverse soluzioni immaginarie, che definirei anche mascheramenti o schermi mistificatori. La fase più interessante comincia nel 1990, quando con la sigla Mistika Zero, organizzavo finti premi per segreterie telefoniche creative, o, come nelle gallerie della mostra milanese del ‘94 ispirata alla Chandelle Verte, ideavo una caccia al tesoro in cui si dovevano superare rebus ed enigmi, fino a che, per superare l’ultima prova, si realizzava un’opera che era anche il premio. Ricordo che alla Eos feci anche una lotteria patafisica i cui premi consentivano di “fare qualcosa con l’artista”.
Questo lavoro interattivo è importante perchè ho attivato diverse identità, anche devianti, come quella del maniaco che si sarebbe offerto al vincitore di un’opera a sorpresa contenente un manuale di educazione sessuale e due materassini gonfiabili. Per la cronaca il premio è stato vinto da un vecchio collezionista che per fortuna non ha preteso prestazioni di alcun genere… (continua)
Roberto Cascone